Sindrome di Cushing nel cane: cause, sintomi e trattamento

La sindrome di Cushing, tecnicamente definita iperadrenocorticismo, rappresenta oggi una delle patologie endocrine più frequenti nei cani domestici. Secondo uno studio epidemiologico condotto su oltre 210.000 cani nelle cliniche veterinarie del Regno Unito, questa condizione colpisce lo 0,28% della popolazione canina, rendendola una delle endocrinopatie più frequenti nel cane nonostante la prevalenza relativamente contenuta.

Questa patologia, pur essendo seria, può essere gestita in modo efficace quando diagnosticata per tempo e trattata in modo appropriato. Comprendere i meccanismi della malattia, riconoscerne i sintomi e conoscere le opzioni terapeutiche disponibili è fondamentale per gestire al meglio questa diagnosi.

Cos’è la sindrome di Cushing?

La sindrome di Cushing si verifica quando l’organismo del cane produce quantità eccessive di cortisolo, un ormone vitale prodotto dalle ghiandole surrenali. Il cortisolo, spesso chiamato “ormone dello stress”, svolge funzioni essenziali: regola il metabolismo, controlla l’infiammazione e aiuta l’organismo a rispondere alle situazioni di stress.

Tuttavia, quando i livelli di cortisolo rimangono cronicamente elevati, si innesca una cascata di effetti sistemici che alterano profondamente il funzionamento dell’organismo. Non si tratta di un semplice squilibrio temporaneo, ma di una condizione che richiede un approccio medico strutturato.

Le tre forme di iperadrenocorticismo

  • Forma ipofisi-dipendente (PDH): rappresenta circa l’85% dei casi e origina da un piccolo tumore, generalmente benigno, della ghiandola pituitaria che stimola in modo eccessivo le surrenali a produrre cortisolo.
  • Forma surrene-dipendente (ADH): costituisce il restante 15% dei casi ed è causata da un tumore, benigno o maligno, che colpisce direttamente una delle ghiandole surrenali.
  • Forma iatrogena: deriva dalla somministrazione prolungata di farmaci corticosteroidi e rappresenta una categoria particolare che richiede un approccio terapeutico specifico.

Quali sono i cani più a rischio?

I dati epidemiologici più recenti forniscono un quadro preciso di questa patologia. La ricerca pubblicata sul Journal of Small Animal Practice ha evidenziato diversi fattori di rischio significativi:

  • Età: i cani di età superiore ai 12 anni presentano un rischio 5,7 volte maggiore rispetto ai cani di età compresa tra 6 e 9 anni. Questo dato riflette la natura degenerativa della patologia e spiega perché spesso venga erroneamente attribuita al “normale invecchiamento”.
  • Razza: alcune razze mostrano una predisposizione genetica marcata. Il Bichon Frisé presenta un rischio 6,5 volte superiore rispetto ai cani meticci, seguito da Barboncini, Boxer, Boston Terrier e Beagle. Questa predisposizione suggerisce componenti genetiche che la ricerca sta ancora investigando.
  • Peso corporeo: i cani che presentano un peso superiore alla media della loro razza hanno 1,7 volte maggiori probabilità di sviluppare la sindrome, evidenziando l’interconnessione tra metabolismo e sistema endocrino.
  • Sesso: Circa il 75% dei cani affetti sono femmine, sebbene alcuni studi non abbiano confermato questa associazione in modo consistente.

Quali sono i sintomi della sindrome di Cushing nel cane?

La sindrome di Cushing si manifesta attraverso un complesso di segni clinici che tendono a svilupparsi in modo graduale. I veterinari raccomandano sempre di prestare attenzione a combinazioni di sintomi piuttosto che a singoli episodi isolati.

Sintomi principali

  • Poliuria e polidipsia: l’aumento della produzione di urina e del consumo di acqua si verifica nel 82-91% dei casi. Non è infrequente che i proprietari notino come il cane svuoti ripetutamente la ciotola dell’acqua durante il corso della giornata e richieda di uscire più volte anche durante la notte.
  • Polifagia: l’appetito vorace è un altro segno caratteristico. Il cortisolo in eccesso stimola direttamente i centri della fame, portando il cane a richiedere cibo in continuazione, spesso anche subito dopo aver mangiato.
  • Alterazioni cutanee e del mantello: la pelle diventa progressivamente più sottile e fragile, con perdita di pelo tipicamente simmetrica su fianchi, addome e coda. La guarigione delle ferite è più lenta e possono comparire aree di calcificazione cutanea.
  • Distensione addominale: il classico “addome a botte” risulta dalla combinazione di ingrossamento del fegato, ridistribuzione del grasso addominale e debolezza della muscolatura addominale.

Segni secondari

L’affaticamento eccessivo, il respiro affannoso a riposo, la debolezza muscolare e la predisposizione alle infezioni completano il quadro clinico. Tuttavia, nelle fasi iniziali della malattia è raro osservare tutti questi sintomi contemporaneamente.

Diagnosi della sindrome di Cushing nel cane

La diagnosi della sindrome di Cushing richiede un approccio metodico che combina osservazione clinica ed esami diagnostici specifici. Non esiste un singolo test “definitivo”, ma piuttosto una serie di valutazioni che, interpretate nel contesto clinico, conducono alla diagnosi.

Esami di laboratorio di base

Gli esami ematochimici di routine rivelano spesso un pattern caratteristico: elevazione della fosfatasi alcalina (ALP) presente nell’80-90% dei casi, aumento del colesterolo, iperglicemia e, occasionalmente, alterazioni elettrolitiche. L’esame delle urine mostra di solito una diminuzione del peso specifico, riflettendo la ridotta capacità di concentrazione dei reni.

Test endocrini specifici

  • Test di stimolazione con ACTH: questo esame valuta la capacità delle ghiandole surrenali di rispondere alla stimolazione ormonale. Ha una sensibilità dell’80-85% e rappresenta il test di elezione quando si sospettano altre patologie concomitanti come il diabete mellito.
  • Test di soppressione con desametasone a bassa dose (LDDST): considerato il test di screening gold standard, presenta una sensibilità superiore al 90% nei cani senza patologie concomitanti. Il principio è semplice: in un cane sano, il desametasone sopprime la produzione di cortisolo, mentre nei soggetti affetti da Cushing questa soppressione non avviene.
  • Rapporto cortisolo/creatinina crinario (UCCR): questo test, eseguibile su urina raccolta a domicilio, offre alta sensibilità ma bassa specificità. È particolarmente utile come test di esclusione: un valore normale rende improbabile la presenza della sindrome.

Diagnostica per immagini

L’ecografia addominale assume un ruolo cruciale nell’identificare la forma della patologia. Nei casi di iperadrenocorticismo ipofisi-dipendente, entrambe le ghiandole surrenali appaiono ingrossate, mentre nella forma surrene-dipendente si osserva l’ingrossamento di una sola ghiandola, spesso associato ad atrofia controlaterale (rimpicciolimento della ghiandola opposta).

Quali sono le opzioni di trattamento per la sindrome di Cushing nel cane?

Il trilostano rappresenta attualmente il farmaco di elezione per il trattamento della sindrome di Cushing nel cane, disponibile in commercio come Vetoryl®. La sua introduzione ha rivoluzionato l’approccio terapeutico a questa patologia.

Meccanismo d’azione del trilostano

Il trilostano agisce come inibitore competitivo dell’enzima 3β-idrossisteroide deidrogenasi, essenziale per la sintesi del cortisolo. A differenza del mitotano, che distrugge il tessuto surrenalico, il trilostano blocca la produzione ormonale in modo reversibile, offrendo un controllo più raffinato e sicuro.

Dosaggio del trilostano

La ricerca veterinaria ha modificato in modo significativo i protocolli di dosaggio negli ultimi anni. Mentre inizialmente si utilizzavano dosi di 4-10 mg/kg una volta al giorno, studi recenti dimostrano che dosi più basse (0,2-1,1 mg/kg) somministrate due volte al giorno sono ugualmente efficaci e più sicure.

Poiché l’effetto del trilostano dura di solito 8-10 ore, la somministrazione di dosi più basse due volte al giorno risulta più logica dal punto di vista farmacologico e garantisce una copertura terapeutica più uniforme.

Monitoraggio clinico

Il monitoraggio tradizionale si basava solo sui test di stimolazione con ACTH eseguiti 3-5 ore dopo la somministrazione del farmaco. Tuttavia, nuove evidenze scientifiche suggeriscono che il dosaggio del cortisolo basale pre-farmaco può essere altrettanto informativo e considerevolmente più pratico ed economico.

Gli studi condotti presso l’Università di Glasgow hanno dimostrato che questo approccio semplificato non solo riflette meglio i segni clinici rispetto ai valori post-stimolazione, ma riduce anche i costi e i tempi necessari per il monitoraggio.

Approccio chirurgico e radioterapico

Sebbene il trilostano rappresenti il trattamento di prima scelta, esistono opzioni chirurgiche e radioterapiche che, in casi selezionati, possono offrire soluzioni curative o complementari.

  • Adrenalectomia: per i tumori delle ghiandole surrenali (forma surrene-dipendente), la rimozione chirurgica rappresenta l’unica opzione potenzialmente curativa. Secondo studi recenti, la sopravvivenza mediana dopo adrenalectomia unilaterale è di circa 18 mesi. L’intervento è tecnicamente complesso e richiede centri specializzati, ma può essere risolutivo quando il tumore è benigno e completamente asportabile.
  • Ipofisectomia: la rimozione chirurgica dell’ipofisi per il trattamento della forma ipofisi-dipendente è disponibile solo in centri veterinari altamente specializzati. Nonostante la complessità tecnica estrema, quando fattibile, offre una prognosi eccellente con tempi di sopravvivenza di 2-5 anni. Viene presa in considerazione soprattutto per i cani giovani con tumori ipofisari di grandi dimensioni.
  • Radioterapia: per i tumori ipofisari che causano segni neurologici o di dimensioni considerevoli, la radioterapia può rallentare la crescita tumorale e migliorare i sintomi neurologici. Sebbene non sia curativa, può prolungare la qualità di vita del cane quando combinata con la terapia medica.

La scelta dell’approccio terapeutico dipende da diversi fattori: tipo di sindrome di Cushing, età del paziente, presenza di comorbidità, disponibilità di centri specializzati e considerazioni economiche. La discussione di tutte le opzioni con il veterinario è fondamentale per prendere la decisione più appropriata per ogni singolo caso.

Gestione quotidiana e qualità di vita

La gestione di un cane con sindrome di Cushing va oltre la semplice somministrazione farmacologica e richiede un approccio olistico che consideri tutti gli aspetti della vita dell’animale.

Amministrazione del farmaco

Il trilostano deve essere somministrato insieme al cibo per ottimizzare l’assorbimento. La regolarità degli orari è fondamentale: anche piccole variazioni possono influenzare l’efficacia del trattamento. Se si dimentica una dose, non bisogna mai raddoppiare la successiva, ma contattare il proprio veterinario per istruzioni specifiche.

Controlli veterinari programmati

Il protocollo standard prevede controlli a 10-14 giorni dall’inizio del trattamento o da qualsiasi modifica del dosaggio, seguiti da controlli a 30 giorni e successivamente ogni 3-6 mesi. Questi controlli non sono opzionali: permettono di ottimizzare il dosaggio e prevenire complicazioni.

Sintomi di sovradosaggio

È importante che i proprietari sappiano riconoscere i segni di sovradosaggio, che possono portare a una crisi addisoniana pericolosa per la vita dell’animale. In presenza di letargia improvvisa, vomito, diarrea, perdita di appetito o collasso, è necessario sospendere immediatamente il farmaco e rivolgersi subito al veterinario.

Gestione alimentare

Anche durante il trattamento, molti cani continuano ad avere un appetito eccessivo. Per prevenire l’obesità è importante fornire una dieta bilanciata ma a basso contenuto calorico, distribuendo il cibo in piccoli pasti frequenti che aiutano a gestire la fame costante senza compromettere la nutrizione.

Prognosi e prospettive a lungo termine

La prognosi per i cani con sindrome di Cushing è generalmente favorevole quando la patologia viene gestita correttamente. Studi recenti condotti su popolazioni di cani trattati in ambulatori generalisti mostrano tempi di sopravvivenza mediani di circa 2 anni dalla diagnosi, con molti cani che vivono molto più a lungo quando il trattamento viene iniziato precocemente.

Fattori prognostici

L’età alla diagnosi, la presenza di comorbidità e la risposta iniziale al trattamento influenzano in modo significativo la prognosi. I cani diagnosticati nelle fasi iniziali della malattia, quando presentano solo alterazioni dermatologiche, presentano in genere una prognosi eccellente.

Complicazioni da monitorare

Circa il 15-20% dei cani con forma ipofisi-dipendente può sviluppare segni neurologici se il tumore pituitario aumenta di dimensioni. Il tromboembolismo polmonare, seppur raro, rappresenta una complicazione grave che sottolinea l’importanza del monitoraggio veterinario regolare.

L’ipertensione sistemica è presente nell’82% dei cani non trattati e può persistere anche durante il trattamento, pertanto è necessario un controllo regolare della pressione arteriosa.

Innovazioni terapeutiche e prospettive future

La ricerca veterinaria continua a evolversi, offrendo nuove prospettive per la gestione della sindrome di Cushing. Studi emergenti stanno esplorando l’uso del trilostano per altre patologie oltre alla sindrome di Cushing, incluso il potenziale utilizzo in neurologia veterinaria.

Terapie di monitoraggio alternative

La ricerca si sta orientando verso metodiche meno invasive per il monitoraggio, inclusa la valutazione dei livelli di cortisolo salivare e nel pelo. Sebbene queste tecniche siano ancora sperimentali, potrebbero rivoluzionare la gestione pratica della patologia.

Terapie combinate

In casi selezionati, in particolare quando persistono ipertensione o proteinuria nonostante il controllo del cortisolo, possono essere necessarie terapie aggiuntive per gestire le complicazioni sistemiche.

Conclusioni

La sindrome di Cushing può essere gestita in modo efficace attraverso un approccio collaborativo tra proprietario e veterinario. Sebbene richieda una gestione a lungo termine, con il trattamento appropriato la maggior parte dei cani può godere di una qualità di vita eccellente per anni.

La chiave del successo risiede nel riconoscimento precoce dei sintomi, nella diagnosi accurata e nel mantenimento di una comunicazione aperta con il veterinario. Ogni cane è unico e il piano terapeutico deve essere personalizzato in base alle specifiche esigenze dell’animale.

Bibliografia scientifica di riferimento